Sintesi dell’intervento di Carmelo Barbagallo alla Conferenza di presentazione dello sciopero generale

Le motivazioni per cui abbiamo indetto lo sciopero generale del 12 dicembre restano tutte in vita. Noi abbiamo chiesto al Governo di rivedere le proprie posizioni e invece tutto ciò non è avvenuto. Le motivazioni partono dalla necessità di estendere gli 80 euro del bonus fiscale anche ai pensionati - che sono il vero ammortizzatore sociale del Paese - e agli incapienti, cosa che era stata promessa e non mantenuta, di aprire la trattativa per la contrattazione nel pubblico impiego, i cui lavoratori hanno perso potere d’acquisto, di modificare le misure previste dal Jobs Act che non corrispondono a ciò che il Governo aveva promesso, e cioè a tutele crescenti per i giovani. Noi ci auguriamo che queste misure, assolutamente insoddisfacenti per chi cerca lavoro, possano essere cambiate nei decreti attuativi. Un giovane che viene assunto sulla base delle norme del Jobs Act avrà per tre anni il cosiddetto contratto a tutele crescenti. In realtà, a tutti gli effetti, sarà un contratto a tutele calanti, perché mentre i datori di lavoro avranno un vantaggio fiscale e contributivo, i giovani non avranno l’articolo 18 e alla fine dei tre anni rischiano di essere licenziati e avere soltanto circa 7 mila euro di rimborso a fronte dei 16.700 che risparmierebbe il datore di lavoro, senza contare lo sgravio Irap. Come vedete, già questa è una sperequazione che, forse, se discussa con i sindacati poteva essere evitata: nel nostro Paese si facevano leggi di precarietà e continuano a essere fatte leggi che non eliminano la precarietà.

Senza una vera riforma fiscale, senza una vera lotta alla corruzione e senza una vera lotta ai costi della politica questo paese si è fermato e rischia di restare fermo. Non si ferma solo perché i lavoratori e i sindacati dichiarano sciopero generale. Tutti gli indicatori danno questo Paese in recessione e in deflazione e le agenzie di rating ci stanno accumunando alla spazzatura: dobbiamo cambiare la politica economia dell’Europa, a partire dall’Italia, dalla Francia, dalla Spagna e da tutti coloro che soffrono questa crisi.

Noi saremmo d’accordo con il governo se decidesse di non rispettare il 3% che è diventato una tagliola per alcuni Paesi. Anche la Germania comincia a vedere i primi segni di difficoltà, essendo un paese esportatore.

Il fatto di fare annunci e poi smentirli sta generando una disaffezione alla politica. Noi non siamo per fare scioperi politici, il vero sciopero politico è stato fatto dagli elettori delle regioni Emilia Romagna e Calabria che non sono andati a votare. Noi facciamo sciopero “per”, per conquistare diritti e cercare di risolvere i problemi economici del Paese e dei lavoratori e non per interferire nelle sorti dei Governi, né amici né avversari.

L’evasione fiscale continua ad aumentare, la corruzione continua a essere pervasiva e la spendig review non viene attuata come si dovrebbe. Vi fornisco alcuni dati: per i costi di funzionamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2013 si sono spesi 458.561.659 euro, nel 2014 484.359.643 con un aumento di 25.797.984 euro. La spesa pubblica aumenta nonostante non si facciano i contratti del Pubblico Impiego e si perdono posti di lavoro. Ci sono ancora 30 mila stazioni appaltanti. Di quale spending review stiamo parlando?

Senza investimenti pubblici e privati - lo dice anche il Governatore della Banca d’Italia - non si crea occupazione. A fronte di un milione e centomila assunzioni che si fanno ogni anno per sostituire quelli che escono dal mondo del lavoro, il saldo occupazionale è negativo e continuerà a esserlo se il governo non capisce che la politica di austerità che l’Europa ci ha propinato non serve a risolvere i problemi del nostro Paese.